MA QUAL’E’ IL PROBLEMA? Riflessioni di un suonatore, a margine dell’uscita del disco sui canti partigiani.
Antefatto: il gruppo musicale Pneumatica Emiliano Romagnola, in collaborazione con le associazioni “Scuola di Musica Popolare” e “Informadisuono” pubblica il cd dedicato ai canti partigiani in occasione del 60° anniversario della liberazione. L’edizione esce con il patrocinio di diversi comuni della regione, l’Istituto Storico della Resistenza e dell’età Contemporanea di Forlì-Cesena, diverse associazioni culturali, l’Assessorato alla Cultura della Provincia, che stanzia anche un contributo economico.
Immediatamente in Giunta provinciale alcuni consiglieri di Alleanza Nazionale e di Forza Italia si inferociscono gridando allo scandalo e promettendo battaglia. Almeno questo è ciò che ho appreso dalla stampa.
MA QUAL’E’ IL PROBLEMA?
Riflessioni di un suonatore, a margine dell’uscita del disco sui canti partigiani.
Ci aveva già pensato Guareschi ad addolcire, con la maestria dell’ironia, i furenti spiriti tra i compagni che presidiavano le ”Case del Popolo” e il popolo dell’ ”altra sponda”, quello dell’oratorio, che lavorava compatto per la messa in opera della nuova campana della chiesa.
L’intelligenza del Guareschi però voleva che, “compagni proletari” e i “nemici di classe “, dopo essersi sfidati a lungo con fischi e ogni sorta di dispetto reciproco, finissero sempre per aiutarsi, di fronte ai problemi veri, alle alluvioni, alla povertà, alle ingiustizie, in nome dei quell’ideale di solidarietà tra le genti che albergava in ogni persona. E questo negli anni ’50, in pienissima guerra fredda dove l’immagine del comunista trinariciuto mangiatore di suore, il “senza Dio”, veniva contrapposto a quella del parrocchiano benpensante e reazionario, nemico giurato del proletariato e di ogni suo anelito di riscatto.
Ma Guareschi era persona di grande cultura e lungimiranza: chi l’avrebbe mai pensato che a distanza di tanti anni alcuni consiglieri provinciali di destra si imbizzarissero per l’uscita di un disco con i canti dei partigiani.
Pensa e ripensa non riesco proprio a rispondermi al quesito di fondo: “Ma qual’è il probrema?”
Da ciò che apprendo dalla stampa il problema può essere:
1) Il titolo “Casa del Popolo”? Vorrei citare solo le parole dell’ex Presidente Oscar Luigi Scalfaro (che certamente non può essere tacciato di tendenzialismo) quando, in piena presidenza, in una intervista inerente l’insegnamento della religione, la laicità dello stato ecc, disse “ricordiamoci che la Chiesa è la casa di tutti i cristiani, ma lo Stato è la casa di tutto il popolo”. Se invece, ciò che desta tanto sbigottimento ai consiglieri insorti è l’identificazione con le Case del Popolo, nel senso delle strutture murarie, dei circoli che vennero istituiti dalle forze di sinistra dal dopoguerra in poi (quelle appunto di Peppone e don Camillo), capisco ancor meno lo scandalo. Sono stati punti di ritrovo, di discussione, di feste da ballo, di comizi, di tortellini, di impegno per milioni di persone; e allora? Dietro c’erano i partiti; e allora? Non solo comunisti, anche molti circoli socialisti e repubblicani si chiamarono “case del popolo” in quegli anni; e allora? Se poi, in anni molto più recenti, i circoli sono stati centri di mobilitazione antifascista, veri e propri presidi popolari in momenti dove la paura del ritorno a tristi ricordi era quanto mai giustificata (ve lo ricordate il signor Iunio Valerio Borghese, i suoi amici, i suoi appoggi vero?), nei momenti degli attentati , dell’Italicus, della stazione di Bologna e chi più ne ha più ne metta, se poi è questo che da fastidio, allora i problemi di identità li devono avere lor signori e non certo chi nelle Case del Popolo ci ha speso passioni, impegno e passato un bel pezzetto di vita.
2) L’utilizzo del pubbilco denaro? Non sia mai! La Provincia sperpera soldi contribuendo all’edizione di un disco sui canti partigiani! Ma la lotta di liberazione non era un patrimonio dell’Italia, elogiata dalla Costituzione e madre storica della cultura della libertà, che dopo la guerra si iniziò ad assaporare? Scusino lor signori, perchè non insorgete per tutte le manifestazioni che avvengono ogni 25 Aprile? Non sono forse organizzate con pubblico denaro? Non è forse pubblico denaro che si spende per Casini a Marzabotto o per Ciampi alle Fosse Ardeatine? Se poi il problema fossero i contenuti, allora vi consiglio di indire un referendum per mettere fuori legge proprio Carlo Azelio Ciampi, perchè nel parlare di resistenza e di lotta di liberazione dal nazifascismo non ha peli sulla lingua, e in fatto di partigiani se ne intende senz’altro più di tanti altri. E con pubblico denaro lo si autorizza a tenere tali comizi pseudocomunisti!? Altro che contribuire all’edizione di un disco!
3) E se fossero davvero i contenuti? Purtroppo penso proprio che ciò che scoccia è che vi siano pubbliche amministrazioni e comuni cittadini che parlano ancora di antifascismo e di partigiani; che non vogliono accettare supinamente questa sottilissima ma progressiva e delittuosa tendenza dei media a presentare queste cose come obsolete, ormai fuori dalla storia, superate ecc. Ma ancor peggio, si cerca sempre di più di mettere sullo stesso piano, non solo storico ma etico le vittime e i carnefici. Come? Sbandierando che anche i partigiani ne hanno combinate delle atrocità, che il tale si è vendicato del tal altro con la scusa dell’antifascismo ecc. ecc. ecc. E allora? Certo che ne hanno fatte delle porcherie: la guerra tra nazioni non è mai giusta o bella, è sempre ingiusta e brutta. Il problema è la bilancia, la bilancia delle forze e delle idee: da una parte un intero popolo mandato al massacro per 5 anni e ridotto alla fame, i campi di concentramento, le torture ai non allineati, l’idea di un assurdo impero fondato sul sopruso; dall’altra migliaia di ragazzi (perchè in maggioranza ragazzi erano) che andavano a farsi ammazzare sui monti per porre fine a questa assurdità. Come se ciò, per loro, fosse una barzelletta o un divertimento. Continuate a considerare atrocità nazifasciste e partigiani sullo stesso piano, tanto avete televisioni e stampa che suonano la stessa musica.
4) Assurda polemica. E’ proprio una polemica da 4 soldi, di quelle che pensavamo fossero estinte con l’alfabetizzazione; ciò che il consigliere Bartolini dice con giustezza è invece il proprio sbigottimento e il concetto di limite: “ci vorrà pure un limite!”sostiene con fermezza”. Esatto, anch’io sono sbigottito, ci vuole proprio un limite se siamo arrivati al punto di ritenere un reato che una amministrazione pubblica si riconosca in una operazione di conservazione e riproposta dei canti partigiani. Non sono e non sono mai stato un comunista marxista, ma sempre un libero pensatore indipendente: ma ci vorrà pure un limite! Un po’ di dignità sant’Iddio!
Di solito scrivo di musica, di folklore e tradizioni, recensisco concerti e dischi, parlo di timbriche, di strutture melodiche e di arrangiamenti; non avrei creduto di trovarmi a parlare di pochezze del genere. Tra l’altro il disco non è riferito solo alla lotta partigiana ma parte da lontano, con le canzoni di mendicanti che in inizio secolo si trovavano a chiedere qualche spicciolo di sopravvivenza. Poi ci sono le mondine, il lavoro, la guerra e l’antifascismo. Io non sono nè un dirigente della Provincia incriminata, nè della Scuola di Musica che ha prodotto il disco, sono uno dei suoi fondatori che da vent’anni crede nella cultura della storia, delle nostre tradizioni musicali e popolari: quella cultura che non si studia e arricchisce certo con i colpi di spugna e i revisionismi paraocchi.
In ultimo: non pretendo certo che i signori consiglieri indignati si ravvedano seguendo il suggerimento di Guareschi, o di Scalfaro o di Ciampi; sarebbe pretendere troppo da certe forme mentali che vedono rosso al primo vagito. Ma infondo non è stato proprio il loro leader Gianfranco Fini a dichiarare che la destra italiana è giunta da tempo ad accettare anche i valori della resistenza come facenti parte dei valori di un intero popolo?… Che certi passatismi erano del tutto superati e che il bisogno di dialogo era più urgente della difesa dei propri campanili culturali, che la nuova destra non ha più nulla a che fare con antichi retaggi nostalgici? A meno che… C’è un a meno che.
A meno che la storia non sia come ce la raccontava l’indimenticabile Alighiero Noschese; e scusate se mi aggrappo ancora all’umorismo, ma in certi momenti rimane davvero l’unica arma seria. Vi ricordate la scenetta mitica del Noschese che faceva il suo Telegiornale, sfottendo abilmente con ironia pungente ma sempre sottile i tromboni politici (di qualsiasi colore) che declamavano i loro intenti e le loro promesse ai telespettatori. Immancabilmente poi, prima di concludere, gli perveniva un fonogramma dell’ultima ora che recitava sempre il famoso “mi dicono che non è vero”.
Marco Tadolini della Scuola di Musica Popolare di Forlimpopoli Maggio 2005